
SARZANA
Sarzana (AFI: [sarˈʣana][4]; Sarzànn-a in ligure
(spezzino), Sarzàna[5], [saɾˈzana] in dialetto
della Lunigiana[6][7]) è un comune italiano di 21 784
abitanti[1] della provincia della Spezia in Liguria. Considerata
l'erede storica dell'antica città romana di Luni, Sarzana è un
importante centro della val di Magra[8]. Grazie alla sua
posizione, è dalla sua fondazione crocevia di importanti vie di
comunicazione tra la Liguria, la Toscana e
l'Emilia-Romagna. Sin dall'antichità fu centro agricolo e
commerciale di grande rilievo e, già in età medievale,
importante centro religioso e giuridico, con sede
vescovile e tribunale.
L'eredità dell'antica città di Luni
Alla caduta dell'impero la zona subì
le vicende connesse all'arrivo di nuovi dominatori ostrogoti e
alla riconquista bizantina. Poi il dominio longobardo,
quello franco e la conseguente ripartizione feudale.
Al finire dell'Alto Medioevo ebbe inizio l'abbandono
della città romana di Luni, provocato dall'insicurezza per le
continue e devastanti incursioni dei predoni saraceni.
L'abbandono e la conseguente incuria comportò anche l'interramento
del suo porto. Nel 1016 la città, conquistata e pressoché
distrutta dall'arabo Mujahd, fu quasi abbandonata dai
sopravvissuti nonostante l'arrivo del soccorso pisano,
genovese e di papa Benedetto VIII che pose in fuga i
saraceni. La migrazione si diresse in prevalenza a popolare il
villaggio di Sarzana, posto in un luogo più sicuro a monte, in
corrispondenza dell'incrocio tra la Via Aurelia e la strada
che conduceva verso la Pianura Padana, in una posizione che si
rivelerà nel futuro strategica per il commercio e gli interessi
politici sull'area.
Dal
X al XII secolo
Il borgo sarzanese appare peraltro già citato per la prima volta in
un diploma dell'imperatore Ottone I datato al 963, 19
maggio,[12], nel quale il possesso del feudo del "Castrum
de Sarzano" viene riconosciuto ad Adalberto, vescovo di
Luni. Il borgo traeva beneficio dalla Via Francigena percorsa
nei due sensi da merci, mercanti e pellegrini e, grazie al vicino
porto fluviale di San Maurizio sulla Magra, svolgeva anche la
funzione di snodo per i viaggi marittimi verso la Spagna. Nell'XI
secolo la zona di Luni e di Sarzana era Dominio dei Canossa. Le
sue istituzioni Comunali, documentate nel 1140, verranno confermate e
sottratte al dominio dei vescovi di Luni da Federico
Barbarossa nel 1163. Nel 1196 Sarzana acquista il Monte
Caprione da Andrea Bianco, quest'ultimo marchese di Corsica e
di Massa, per la somma di 325 lire ambrosiane. La sede vescovile
era rimasta a Luni finché nel 1187 papa Gregorio VIII,
transitando in val di Magra, dovette constatare lo stato di
spopolamento della città lunense e del suo abbandono per
la malaria e consentì al suo vescovo Pietro di
trasferirsi in una sede più idonea. Nel 1201 il vescovo Gualtiero e
i suoi canonici "communi concordia", decisero infine il
trasferimento nel cresciuto borgo di Sarzana "cum
auctoritate domini Innocentii Pape tercii pro communi utilitate
totius cleri et populi episcopatus, quia nec ulla spes de eius
reedificatione remansit". Papa Innocenzo III, con le bolle
del 7 marzo e del 25 marzo 1203, ratificò la traslazione nella nuova
sede di Sarzana ("locum populosum").
XIII
secolo
Trasferita nel 1201 a Sarzana la sede
del Vescovato e Comitato di Luni, il Comune si trovò a lottare con
il potere temporale dei Vescovi Nel 1226 Federico II libera
il Comune di Sarzana dalla signoria vescovile e lo sottomette
direttamente all'Impero e ai suoi vicari: Sarzana era città fedele
all'imperatore che vi tiene la corte imperiale nel 1226. Intorno al
1240, a seguito delle vicende che portarono al consolidamento del
potere imperiale di Federico in Toscana, il vescovo
lunense Guglielmo fu costretto all'esilio
nella guelfa Lucca e al suo posto prese il potere il
marchese Oberto II Pallavicino, nel ruolo di vicario
imperiale. Quest'ultimo, con l'aiuto delle forze ghibelline,
dei Malaspina e di Pisa, conquistò il borgo
di Lerici nel 1241. Nel 1245 Sarzana acquistò il castello
di Arcola, le terre fino alla costa del golfo, San
Bartolomeo, Pitelli e Muggiano. Dopo la morte di Federico II il vescovo
Guglielmo fece ritorno alla sua sede, trovandovi però un altro
temibile avversario: Nicolò Fieschi. Il potente nobile
genovese, nipote di papa Innocenzo IV, aveva cominciato ad
annettersi le contee dei vassalli vescovili e la sua Signoria, con
capitale a La Spezia, si estese ben presto da Lavagna alla val
di Magra. Solo nel 1270 la fazione ghibellina ebbe il sopravvento
nella Repubblica di Genova e nel 1273, da Portovenere,
con forze mosse guerra al Fieschi, distruggendo il suo castello
San Giorgio La Spezia e costringendolo a cederle le terre in suo
possesso. Sono gli anni in cui la repubblica marinara estese il suo
interesse all'intero circondario lunigianese. Nel 1273 venne
nominato successore del vescovo Guglielmo, Enrico da Fucecchio.
Questi, nel 1276, a seguito di episodi di insubordinazione al potere
vescovile da parte dei "burgensi sarzanesi" li scomunicò,
ma venne cacciato dalla città e costretto a rifugiarsi in Lunigiana.
Solo con l'intervento del pontefice Bonifacio VIII, i cittadini
furono costretti ad accettare il successore di Enrico, Antonio
Nuvolone da Camilla.
XIV secolo
Nel 1300 il poeta Guido Cavalcanti venne esiliato a
Sarzana, dove si ammalò di malaria, malattia di cui morrà di
lì a poco. Il 6 ottobre del 1306, nell'antica piazza della
Calcandola (l'odierna piazza Giacomo Matteotti[17]), Dante
Alighieri ricevette dal marchese Franceschino Malaspina
di Mulazzo la procura per recarsi, quella stessa mattina,
a Castelnuovo Magra per siglarvi la pace con il
vescovo-conte di Luni Antonio Nuvolone da Camilla. Gli atti della
cosiddetta pace di Castelnuovo, stesi a rogito del notaro
sarzanese Giovanni di Parente di Stupio (i cui documenti originali
sono custoditi presso l'Archivio di Stato della Spezia), fanno di
Sarzana e di Castelnuovo Magra (con la sola eccezione di Ravenna,
dove morì) gli unici luoghi in cui, nell'intera vicenda del suo
esilio, è storicamente certa la presenza del poeta. La pace siglata
da Dante segnò di fatto la fine del potere temporale dei vescovi in
Lunigiana. Il 12 giugno 1316 il vescovo Gherardino
Malaspina nominò Castruccio Castracani Visconte della
Diocesi lunense, il quale dominò la città fino alla sua morte, il 3
settembre 1328. Successivamente, una rappresentanza della città si
recò presso l'imperatore Federico III di Aragona, per chiedere
il riconoscimento dei diritti (soprattutto diritti tributari)
acquisiti dal vescovo Gherardino in esilio, che li concesse. A
partire dal 1320 Spinetta Malaspina il Grande, con l'aiuto
dell'amico veronese Cangrande I della Scala, riconquistò tutti
i territori perduti nella lotta contro Castruccio Castracani,
estendendo il suo dominio anche sulla Lunigiana orientale,
la Garfagnana e impadronendosi, nel 1334, persino di
Sarzana, sulla quale dominò fino al 1343, anno in cui la città
passò sotto il dominio di Pisa[18].
XV secolo
Nel 1407 Sarzana è formalmente sotto
la signoria di Gabriele Maria Visconti, ma il 2 agosto entra
spontaneamente nel dominio genovese ottenendo ampi riconoscimenti.
Genova invia un podestà ad amministrarvi la giustizia. Nel
1421 Tomaso Fregoso, doge genovese deposto da Filippo Maria
Visconti, assunse la signoria di Sarzana con giurisdizione su tutta
la Lunigiana e scelse di risiedere nella Fortezza di Sarzanello,
che fece abbellire e rinforzare. Il Fregoso cercò di restituire
l'indipendenza a Genova e di recuperarvi il potere dogale.
A questo scopo si alleò con Firenze per condurre azioni
militari nel Levante ligure contro il Visconti, ma senza
successo. Dovette attendere il 1435 e la rivolta antiviscontea per
fare ritorno a Genova. Recuperata la carica di doge, Sarzana ritornò
possedimento genovese pur rimanendo feudo della famiglia
Fregoso, governato da Marzia, moglie del doge, e da Spinetta,
suo nipote. Grazie all'abile politica esercitata nel tempo dai vari
esponenti della famiglia, basata sull'autonomia nei confronti di
Genova e destreggiandosi nelle guerre tra Firenze, Lucca e Milano, i
Fregoso giunsero a estendere il loro dominio su buona parte della
Lunigiana. Nel 1468, indebolito nel suo potere feudale, Lodovico
Fregoso fu costretto a vendere Sarzana a Firenze, ma riuscì a
farvi ritorno nel 1479 durante la guerra tra Firenze e
Papato scoppiata in seguito alla congiura dei Pazzi, acclamato
dalla popolazione memore del suo buongoverno. Nel frattempo, nel
1469, l'imperatore Federico III d'Asburgo aveva insignito
Sarzana del titolo Sigillum civitatis Sarzane, concludendo
l'iter di elevazione del borgo di Sarzana a rango di città avviato
già con la bolla di papa Paolo II del 21 giugno 1465.
I Fiorentini estromessi da Sarzana erano riusciti a
mantenervi un presidio nella fortezza di Sarzanello, difesa da
un centinaio di uomini. Firenze, in quel momento impegnata in altre
guerre chiese la restituzione del territorio sarzanese in virtù del
trattato del 1468, ma al momento poté reagire solo debolmente.
Quando poi poté esercitare una forte pressione militare, Agostino
Fregoso e Lodovico Fregoso, disperando di poter resistere,
per l'utilità e il bene della stessa comunità sarzanese,
stabilirono di cedere la loro signoria al genovese Banco di San
Giorgio e comunicarono la loro decisione, il 29 marzo 1484, al
parlamento di Sarzana.
I
codici medievali
Il Codice
Pelavicino[20] e il Registrum vetus sono le più
importanti raccolte documentarie di fatti storici, di cronaca e atti
giuridici di Sarzana e di tutta la Lunigiana riferibile
al periodo medievale. Il vescovo Guglielmo di Oberto
Pelavicino fece redigere durante il suo episcopato un "Liber
Magister" sul quale venivano trascritti tutti i diritti, i
privilegi e le proprietà che il vescovo vantava all'interno della
diocesi. Nel XIII secolo venne commissionato il riordino dei
documenti e la raccolta venne chiamata Codice Pelavicino in onore
proprio del vescovo Guglielmo. Il lavoro, iniziato nel 1287 e
completato nel 1289, mirava alla conservazione e al recupero di tutti
i privilegi comitali. Nel 1330 il Comune di Sarzana riuscì a
svincolarsi con l'aiuto imperiale dal vescovo e i consoli provvidero
a far raccogliere i decreti e i documenti che comprovavano
l'autonomia comunale. La raccolta ordinata dalle autorità laiche fu
trascritta nel Registrum civitatis Sarzane, il quale nel XVII
secolo venne rinominato Registrum vetus, così da distinguerlo
dal Registrum novum, una nuova raccolta documentaria.
Il Registrum vetus ha inizio con il diploma di Federico
I (scritto a Lodi il 4 novembre 1163) e si conclude
con la bolla di Clemente VIII (5 giugno 1592).
La guerra di "Serrezzana"
Un breve poemetto scritto da un ignoto
autore nella seconda metà del XV secolo, dal titolo La Guerra
di Serrezzana, descrisse la guerra iniziata tra la Repubblica di
Genova, che aveva riconquistato Sarzana, e la Signoria dei
Medici che ne rivendicava il possesso per averla acquistata nel
1468 da Lodovico Fregoso per la somma di 35 000 fiorini,
ma che poi suo figlio se l'era ripresa con le armi. Per via
dell'evidente esaltazione di Lorenzo de' Medici, si ipotizza che
l'opera sia da attribuirsi a un rappresentante della Signoria
medicea, dello stesso Lorenzo de' Medici o del vicino araldo Lorenzo
Filareti, ma il nome dell'autore rimane comunque ignoto. Il
genovese Agostino Fregoso, a quel tempo signore di Sarzana, non
potendo contrastare le armate fiorentine, aveva ceduto la città
al Banco di San Giorgio. Tra il genovese Banco di San Giorgio e
la Signoria di Firenze ebbe inizio una contesa definita
così nella prefazione del poemetto stesso: "Piccole guerre
che riescono molto più dannevoli di regolari combattimenti perché
continue e di poco o verun risultamento". I Medici, nella loro
operazione di riconquista, poterono fare affidamento sul loro
alleato Gabriele II Malaspina, marchese di Fosdinovo, ma
i Genovesi, guidati da Gianluigi Fieschi, nel marzo 1487 mossero
alla conquista dell'antico borgo di Sarzanello, saccheggiandolo e
distruggendone le abitazioni. I genovesi risalirono quindi la collina
per stringere d'assedio la fortezza, usando, sembrerebbe per la
prima volta, mine o polvere esplosiva per espugnarla. Il conte di Pitigliano, Niccolò Orsini venne inviato
a dare man forte agli assediati: i Genovesi furono sconfitti il 15
aprile e furono fatti prigionieri, tra i quali lo stesso condottiero
Gianluigi Fieschi e suo nipote Orlandino. Dopo la sconfitta i
Genovesi organizzarono la loro difesa nel borgo di Sarzana, mentre i
Fiorentini si diressero verso il fiume Magra giungendo sino
al borgo di Trebiano con l'intenzione di conquistarlo senza
colpo ferire. La manovra non ebbe esito per la fedeltà degli
abitanti verso la repubblica genovese. Allo stesso modo rimase senza
successo anche il tentativo dei toscani di conquistare l'abitato
di Lerici e di assicurarsi così l'accesso al golfo
della Spezia. I Fiorentini decisero allora di ripiegare su Sarzana,
di porre assedio alla città e di indurre le difese genovesi alla
resa per scarsità di viveri e di munizioni. Il 15 maggio i soldati
toscani si portarono sotto le mura puntando le bombarde contro la
città e l'8 giugno presero la chiesa e il convento di San
Francesco. Il 22 giugno, forse avendo avuto notizia dell'imminente
arrivo di Lorenzo de' Medici, i Genovesi si arresero alle truppe
fiorentine. La fortezza Firmafede, costruita a sud est della
città con la collaborazione dei Pisani, andò distrutta nel
corso dell'assedio, ma venne poi fatta ricostruire da Lorenzo
de' Medici e denominata Cittadella. Il luogo porta ancora
quel nome e mostra lo stemma mediceo. Nel 1494 Carlo VIII,
re di Francia, scese in Italia con un esercito forte di
30.000 uomini e artiglierie, per conquistare il Regno di Napoli.
Nel percorso devastò e saccheggiò i centri di Fivizzano, pose
assedio alla Fortezza di Sarzanello e impose a Piero
de' Medici, succeduto al padre, la cessione di Sarzana e di
altre città (per questo cedimento alle pretese del re
francese Firenze si solleverà cacciando i Medici).
Sarzana venne così in possesso del re francese che più tardi, nel
1496, la rivendette al Banco di San Giorgio che poi la
cedette definitivamente alla Repubblica di Genova nel
1572[12].
Dal XVI al XVIII secolo
Dai primi del XVI secolo Sarzana lega il suo destino a quello di Genova[12] che la eleva a sede dell'omonimo Capitaneato e, come baluardo al suo estremo confine orientale, provvede a cingerla con una massiccia cinta muraria (che in gran parte venne abbattuta nella prima metà del XIX secolo) e a tenervi una guarnigione. Ma con il XVI secolo ha inizio il declino economico della città di Sarzana, sfavorita dalla mancanza di un porto. Nel 1605 la Repubblica di Genova si oppone alle mire del re di Spagna Filippo III su Sarzana e sulla Lunigiana, intese a garantirsi un sicuro accesso ai suoi possedimenti lombardi, e rafforza le difese nel Levante ligure. Il futuro doge Giannettino Odone ricopre l'incarico di Governatore di Sarzana. Nel 1747, nel corso della guerra di successione austriaca, la città è assediata dalle forze austriache e la fortezza di Sarzanello, presidiata da forze genovesi e francesi, viene bombardata senza successo. Alla caduta della Repubblica di Genova (1796), sull'onda della rivoluzione francese e a seguito della prima campagna d'Italia di Napoleone Bonaparte, Sarzana è nell'ambito della Repubblica Ligure: dal 2 dicembre 1797 rientra nel Dipartimento del Golfo di Venere, con capoluogo La Spezia e dal 28 aprile 1798, con i nuovi ordinamenti francesi, rientra nel I cantone, come capoluogo della Giurisdizione di Lunigiana. Dal 1803 diventa il centro principale del I cantone della Lunigiana nella Giurisdizione del Golfo di Venere.
XIX secolo
Dal 13 giugno 1805 al 1814, con tutta
la Liguria, Sarzana è annessa al Primo Impero francese e
viene inserita nel Dipartimento degli Appennini. Papa Pio VII,
diretto a Genova, fa il suo ingresso in Sarzana nell'aprile 1815
proveniendo da Roma dove, dopo la fuga di Napoleone
dall'Elba, le truppe di Murat avevano invaso lo Stato
Pontificio. Alla caduta definitiva di Napoleone la città di Sarzana,
nel 1815, entra a far parte del Regno di Sardegna,
nella provincia di Levante. Successivamente, con l'Unità
d'Italia, nel Regno d'Italia dal 1861. A quella data la
popolazione cittadina assommava a 9.100 abitanti. Dal 1859 al 1927 il
suo territorio era compreso nel V mandamento del circondario
di Levante che era parte della provincia di Genova.
Dal XX
secolo
Nel 1923, quando venne invece istituita
la Provincia della Spezia, il territorio sarzanese entrò nella
nuova provincia. La creazione del nuovo capoluogo di provincia alla
Spezia ha comportato lo spostamento degli uffici pubblici (tribunale,
sottoprefettura, ecc.) da Sarzana alla Spezia. Nel 1929 anche la
Cassa di Risparmio e la Banca del Monte di Sarzana confluirono nella
Cassa di Risparmio della Spezia e, nello stesso anno, venne spostata
anche la sede vescovile, mantenendo però il Seminario nel centro
storico di Sarzana. Sarzana fu teatro di uno scontro tra squadristi e
carabinieri il 21 luglio 1921, durante i cosiddetti Fatti di
Sarzana, quando i carabinieri al comando del capitano Guido
Jurgens, a seguito di un colpo di arma da fuoco, spararono sugli
squadristi. Successivamente parte dei fascisti fuggiti nelle campagne
furono uccisi dagli Arditi del Popolo. I fatti di Sarzana ebbero
un'ampia eco nazionale e su di essi intervennero i massimi esponenti
politici dell'epoca (Gramsci, Turati, Mussolini, Giolitti,
ecc.). Nel periodo della dittatura fascista furono molti i
sarzanesi che subirono condanne dal "tribunale speciale"
per attività antifasciste: alcuni inviati al confino, altri
licenziati o perseguitati. Ingente è stata l'emigrazione politica
degli antifascisti sarzanesi, soprattutto diretta verso la Francia.
Durante l'occupazione nazista la popolazione di Sarzana
diede un decisivo contributo alla lotta partigiana. Sulle
colline sovrastanti la città si formarono gruppi spontanei dei
cosiddetti "sbandati" poi riuniti in vere brigate
partigiane di cui la più famosa fu la Brigata Garibaldi "Ugo
Muccini". La lotta che intrapresero queste formazioni fu
determinante per contenere la violenza e la forza degli occupanti
tedeschi e fascisti, responsabili di eccidi efferati nelle vicine
località lunigianesi e garfagnine. Un altro fattore
determinante fu la vicinanza alla Linea Gotica, fattore che
caratterizzò l'asprezza della lotta partigiana nel sarzanese
sottolineata da molteplici scontri tra partigiani e
nazifascisti, scontri nei quali venne pagato un alto tributo di vite
alla riconquista della libertà e della democrazia.
Il "mostro di Sarzana" Il 4 gennaio 1937[22] venne commesso presso il collegio della Missione di Sarzana un brutale omicidio: il direttore dell'istituto, padre Umberto Bernardelli, e il vecchio portinaio, fratello Andrea Bruno, furono uccisi a colpi d'arma da fuoco, mentre alcuni studenti vennero feriti. Dopo le prime indagini venne accusato un certo Vincenzo Montepagani, studente di ingegneria all'Università di Pisa, nonché insegnante precario presso il collegio. L'uomo però venne assolto dopo un discusso processo. Pochi mesi dopo furono commessi altri due omicidi che avevano un legame con i precedenti: una delle due vittime lavorava come barbiere proprio all'interno del collegio. Soltanto dopo il massacro del guardiano dell'Ufficio del Registro, avvenuto nel dicembre 1939, venne arrestato per tutti i delitti il diciassettenne Giorgio Vizzardelli, studente del collegio e figlio del direttore dell'Ufficio del Registro. Il giovane confessò i delitti e venne così condannato all'ergastolo. Dopo ventotto anni passati tra il carcere e il manicomio criminale, Giorgio Vizzardelli fu messo in libertà vigilata per buona condotta. Dopo cinque anni riacquistò la totale libertà, ma pose fine alla sua vita tagliandosi la gola con un coltello da cucina.
